venerdì 4 ottobre 2013

LA PIAZZA È NOSTRA

La piazza è sempre stata nostra.
Non servono pretesti per fermarsi a discutere. Non è utopia chiamare a riunione i cittadini e parlare insieme di un argomento multidirezionale come il potere. Le nostre esistenze sono permeate del potere e dei suoi abusi. Si tratta di un argomento di interesse comune e che troppo spesso viene tralasciato. A darci la spinta mesi fa in direzione di questo incontro fu la morte passata sotto silenzio di Bohli Kaies, il cui unico tratto distintivo era d'esser tunisino.

Soffocato durante l'arresto, in un paese dove la pena di morte non è prevista ma, se capita, va bè.  La storia di Bohli ci insegna che oltre ad essere vittime ogni giorno degli abusi di potere, noi ne siamo anche autori a nostra volta.
Se l'abuso dei media non ci ha fatto trapelare questa storia, chi di noi l'ha considerata di poco conto ed ha proseguito per la strada pensando ai fatti suoi, ha scelto d'unirsi alla lunga lista dei carnefici. Un vecchio al bar beve il suo caffè, si stropiccia il naso e dopo attenta riflessione sentenzia che "infondo era tunisino" come a voler dire che questo basta e avanza. Questa indifferenza, figlia di separatismi ed emarginazioni, ci conduce a una realtà secondo cui può diventare accettabile qualsiasi atto di ingiustizia, senza che si batta ciglio. 
Istruiti a dovere da un'autorità opprimente che sempre più calpesta la libertà delle persone, convincendole di non potere opporsi a leggi ingiuste e immorali solo perché leggi, ci siamo lasciati stregare dalla comodità della delega. Eleggiamo rappresentanti che decidono per noi e finanziamo imprese che compiono stragi al posto nostro; coscienti di fare violenza, la facciamo. Pensiamo che questo basti, ma non basta a disfarci delle nostre responsabilità.
Diciamo a noi stessi che "abbiamo bisogno di qualcuno che ci governi perché le persone non sanno gestirsi". La grande contraddizione è che il potere di gestione viene affidato a chi, secondo lo stesso ragionamento, non sarebbe in grado di gestirsi.
E allora come può gestire una comunità qualcuno che non sia capace di gestire se stesso?
Non ha senso.
È ovvio che le persone hanno tutte le carte in regola per autogestirsi.
In effetti il vero problema sembra risiedere nella natura stessa del potere, dell'autorità che è abusiva di per sé: l'idea che qualcuno sia incaricato di decidere per tutti implica che le decisioni siano prese per il profitto di qualcuno a discapito degli altri.
L'abuso di potere non è semplicemente una prevaricazione, la supremazia di qualcuno su qualcun altro: è una violazione di diritti legittimata. Quella delle forze armate è legittimata per esempio dallo stato, ma ancor più grave dalla pubblica opinione che spesso, inerte, l'accetta. Questo è l'atto di violenza e di abuso peggiore che possiamo fare a noi stessi.

Il 2 ottobre abbiamo indetto un'assemblea pubblica per parlare di potere.
Seduti a cerchio, per terra, in una delle piazze più frequentate del centro, abbiamo incuriosito qualche passante, ci siamo guardati e ci siamo detti che c'eravamo. Ci siamo scambiati idee e messi a confronto, e abbiamo deciso di attivarci, di mettere in moto una rete di pensiero dissidente fra studenti, in quanto tali.
Noi non ci facciamo segregare nell'angolino, non siamo i tipi. 
Checché ne pensiate, anche il mondo reale è sempre stato nostro.




Barbaunsacco.

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